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Guglielmo Marconi e l’omicidio di Cora Crippen – recensione di Franco Metta

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Guglielmo Marconi

Guglielmo Marconi                                            GUGLIELMO MARCONI E L’OMICIDIO DI CORA CRIPPEN
di ERIK LARSON

 

 

 

 

 

 

 

Secondo i miei standard non avrei dovuto leggerlo.
Invece sono rimasto inchiodato sino alla fine.
Ammetto: complici le vacanze pasquali.
Diversamente, non giurerei.
Inchiodato tra Guglielmo Marconi e Cora Crippe, moglie non fortunata del dottor Peter  Crippen.
Scopro che Guglielmo Nostro non era uno scienziato, in senso tipico, ma un praticone geniale ed instancabile nel lavoro.
Cora Crippen e’ annunciata nel titolo come morta ammazzata, ma per buona meta’ del romanzo e’ viva, vegeta e un po’ zoccola.
Che ci incastra Marconi con Crippen?
Nulla proprio.
Non si conosco, non si conosceranno, non si incroceranno mai.
Ma alla fine un collegamento c’e’.
Il libro e’ scritto bene.
Soprattutto e’ frutto di un lungo, attento, interessante lavoro di documentazione:
su uno dei delitti che maggiormente interesso’ nel primo novecento la opinione pubblica mondiale;
sugli esperimenti, tutt’altro che scientifici;
sulle vicende societarie;
su quelle personali del nostro Guglielmo.
Che vi diro’, ne esce un poco a pezzi.
Se avrete l’accortezza di…sfumare…..le parti in cui il buon Larson indulge nella Sua confessata mania dei particolari specifici, poco interessanti per chi non abbia in animo di inventare la radiotelegrafia o di sezionare un
qualche morto ammazzato, il libro si legge e volentieri.
Salvo alla fine annotarsi:
” cercare in libreria qualcosa su Guglielmo Marconi, qualcosa di agiografico”.
E che cavolo.
Era pur sempre Accademico d’Italia e Amico personale del Duce.

 

Franco Metta
Per la Fondazione Giuseppe Tatarella


Il quinto testimone – recensione di Franco Metta

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Quinto testimone

Quinto testimone  IL QUINTO TESTIMONE

   di MICHAEL CONNELLY

A me questo Mickey Haller, avvocato con studio sul sedile posteriore di una Lincol, piace da morire.
Ma mi sconcerta la decisione presa alla fine del romanzo.
Mickey si candida Procuratore Distrettuale.
INACCETTABILE.
Tradisce….
Passa o vorrebbe passare dall’altra parte.
Lascera’ i cattivi, la difesa, per passare ai buoni, l’accusa?
Che malinconia, se fosse cosi’. Ma torniamo a Noi.

C’ e’ la crisi.
Non c’e’ denaro. Nemmeno i criminali hanno i soldi giusti per permettersi un penalista di fiducia.
E Mickey si ricicla civilista.
Difende i proprietari di immobili che non hanno denaro per onorare i mutui assunti.
Ma gia’ alla ventesima pagina, una delle pignorate, che rischia di perdere la propria casa, finisce dentro per omicidio.
E Michey torna al vecchio amore. Il diritto penale!
Michey mi piace, perché’ dice cose cosi’:
” Non ha nessuna importanza che i nostri clienti siano colpevoli o innocenti.
Hanno tutti diritto allo stesso servizio”.
Veramente nel testo la frase e’ di Cisco, l’investigatore, ma ovviamente conta poco: e’ Connely che spiega uno dei fondamenti della difesa penale.
Quello meno pubblicizzato, ma piu’ vero di tutti.

Oppure dice:
” Il movente e’ come il timone di una imbarcazione. Se lo togliete, l’imbarcazione si muovera’ secondo i capricci del vento”.

E come contro esamina Mickey…. levati……

Il processo sembra abbordabile.
L’accusa dispone di un unico testimone, circostanziale.
Ma poi saltano fuori altre prove. Prove decisive.
Per Mickey, e per Lisa la sua cliente, si mette male. Male davvero.
L’ elemento decisivo ,il vostro scriba, l’aveva intuito subito.
40 anni di Corti di Assise non si imbrogliano, nemmeno nei romanzi.

Il testo vi prendera’ e vi coinvolgera’.
Se avete una minima propensione allo studio delle tattiche processuali, alla maniera di impostare una strategia, di porre le domande e di immaginare una condotta processuale,il romanzo non potra’ che piacerVi.
Non racconto altro per rispetto di chi leggera’.
Soldi spesi beni.
E se volete, ve lo presto pure.
Con impegno alla restituzione. Perche’ anche questo Connelly va riposto in quel preciso angolo della biblioteca.
Dove Haller fara’ amicizia con Jo Antonelli di Buffa;
con Paul Madriani di Steve Martini e con gli altri “colleghi “.

Franco Metta
Per la Fondazione Giuseppe Tatarella


L’onere della toga – recensione di Franco Metta

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L'onere della toga

L'onere della toga

L’ONERE DELLA TOGA

di LIONELLO MANCINI.

 

 

 

 

 

 

 

I Magistrati italiani che svolgono le funzioni di Pubblico Ministero sono circa due mila.
Lionello Mancini, giornalista economico, improvvisamente e perdutamente innamoratosi della cronaca giudiziaria, ne sceglie cinque.
Non tra i piu’ noti.
Non con nomi adusi alle cronache.
Cinque PM raccontati attraverso una o piu’ indagini a loro affidate.

Anzi, quattro pubblici ministeri.
Che’ il quinto e’ Cuno Jacob Tarfusser, Procuratore Capo di Bolzano, del quale si narra in riferimento alla totale e completa riuscita di opera che pareva impossibile ed irrealizzabile: la riorganizzazione dei servizi e della struttura organizzativa della Procura di Bolzano.
Sara’ per la vicinanza al confine, grazie al dottor Tarfusser, la Procura di Bolzano sembra, per efficienza, una Procura tedesca….
Chissa’ se ci darebbe riuscito a Reggio Calabria, perche’ quella Bolzano era….

Il libro e’ interessante.
Le indagini raccontate sono le piu’ diverse.
Alessandra Dolci e’ il PM che ha scoperto la ndrangheta in…Padania….con buona pace di Maroni e Bossi.
Fabio Di Vizio ha condotto l’indagine per reati economici e tributari, sconvolgendo il paradiso fiscale e dei riciclatori, sorto in quel di San Marino, a due passi dalle spiagge della riviera romagnola.
Marco Ghezzi era capo della divisione soggetti deboli.
Intesi questi – donne e bambini – quali parti offese di reati atroci.
Lucia Musti viene raccontata attraverso l’indagine, questa piu’ nota al
pubblico, sul rapimento e l’omicidio di Tommaso Onofri, il piccolino di 18 mesi.

Bel libro,interessante.
Si legge in un fiato.
Un difetto?
E’ un po’ dolciastro, elegiaco.
I cinque Magistrati descritti meritano ogni lode e ogni apprezzamento.

Manca la precisazione, vera, che pero’ non tutti i due mila, meriterebbero un posto nel racconto.
Piccolo neo, apparso evidente, al penalista anziano.
Che ne ha ammirati tanti, come questi cinque.
Ma incontrati anche altri….

Franco Metta
Per la Fondazione Giuseppe Tatarella.


House of cards – recensione di Franco Metta

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House_of_Cards-titoli

                                                                                                                  HOUSE OF CARDS

di MICHAEL DOBBS

 

 

 

Voi compratelo.

Leggetelo.
Se non Vi sara’ piaciuto, Vi rimborso di tasca mia.
Ma non succedera’,non puo’ succedere.
Salvo imbrogli e imbroglioni.

Un romanzo crudo e crudele; spietato come F. U., il suo protagonista.
E’ l’Inghilterra del dopo Thatcher.
E’ il partito conservatore.
E’ la storia di una vendetta – per non essere stato nominato Ministro – che si
trasforma in una cavalcata trionfale verso il Potere.

Morti, diffamati, ingiuriati fanno da cornice a questa implacabile ordalia.
Sesso, droga, intrighi, congiure.
L’ autore in una recente intervista – il romanzo e’ stato scritto venti anni
fa’ – ha dedicato il testo a tutti i politici, augurandosi che dallo stesso
vengano ispirati a fare l’esatto contrario.
Difficile che accada.

Ma e’ l’unica ed ultima speranza.

O si trova la maniera di imporre per legge la onesta’,la lealta’,la coerenza e
la fede nei principi.
Oppure non restera’ che cercare, nella giungla dei politici da House of Cards
quelli che fanno eccezione.

Dunque, piu’ che i politici, questo libro di dovrebbero leggerlo i cittadini.
Che imparerebbero tante cose.
Sulla politica, ma anche sulla editoria, sui giornalisti, sui lobbysti, sulle
puttane, non in senso figurato, ma in senso letterale, che il potere attrae.

Essendo la politica la strada del potere.
Comandare e’ meglio che fottere ?
Cazzate.
Chi comanda fotte, chi non comanda non fotte.
Ne’ metaforicamente e nemmeno letteralmente.

Non vi perdete i corsivi ad inizio di ogni capitolo.
Vetriolo puro.

Franco Metta
Per la Fondazione Giuseppe Tatarella.


Assegnate le cinque borse di studio della Fondazione Tatarella

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Bari, 11 aprile 2014

Assegnate le cinque borse di studio della Fondazione Tatarella

Sono:

  • Coropulis Stefano – Bari (Liceo Scientifico Arcangelo Scacchi);
  • Rizzi Annalisa – Barletta ( Liceo Scientifico Carlo Cafiero);
  • Rotondo Francesca – Bari (Istituto Magistrale Bianchi Dottula);
  • Leccese Antonella Chiara – Bitonto ( Liceo Classico Carmine Sylos);
  • Pierro Grazia – Bitonto (Liceo Scientico Galileo Galilei)

i cinque vincitori delle prime borse di studio intitolate all’on. Giuseppe Tatarella. Sono state consegnate ieri in una gremitissima sala di Villa Romanazzi Carducci, alla presenza di tutta la Commissione valutatrice, presieduta dal giornalista Attilio Romita.
A tutti i partecipanti sono stati consegnati un attestato di partecipazione e una medaglia ricordo, mentre ai vincitori sono andate una targa ricordo e un assegno di milleduecento euro.
Alla cerimonia, introdotta da Angiola Filipponio Tatarella e Attilio Romita, hanno portato il loro saluto anche l’assessore Sergio Fanelli, in rappresentanza dell’Amministrazione provinciale e l’assessore Rocco De Franchi, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale. La serata è stata allietata da un accompagnamento musicale de La Porta d’Oriente.
Con il prossimo anno scolastico la Fondazione metterà in palio altre cinque borse di studio.

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Le nuove ferite degli uomini. L’ultimo libro di Vera Slepoj

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Bari, 09 aprile 2014

“LE NUOVE FERITE DEGLI UOMINI”, L’ULTIMO LIBRO DI VERA SLEPOJ

Gli uomini di oggi sono feriti. O forse lo sono sempre stati, ma adesso non vogliono o non riescono più a nasconderlo. Le certezze della società patriarcale sono cadute e loro si sono scoperti nudi e vulnerabili. I grandi modelli maschili del padre, dell’eroe o del Don Giovanni appaiono insieme incombenti e irraggiungibili. E gli uomini si guardano attorno disorientati senza sapere a quale ispirarsi. Si parla molto, negli ultimi tempi, della “crisi del maschio”. Ma di rado, come fa Vera Slepoj nel libro, si va davvero a fondo alla questione e oltre i luoghi comuni. L’autrice riesce ancora a far luce su questioni di cui tanto si parla e poco si sa, guardando con ottimismo a un futuro più incerto ma anche più libero.

Per il ciclo “Incontri d’Autore” la psicoterapeuta Vera Slepoj, venerdì 11 aprile ore 18.00, presso l’Hotel Villa Romanazzi Carducci, presenterà il suo libro. L’autrice converserà con: Francesco Bollino, Monia Magistro e Annalisa Tatarella.

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10 e 11 aprile, doppio appuntamento della Fondazione

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Bari, 08 aprile 2014

10 e 11 aprile, doppio appuntamento della Fondazione

Per i 107 studenti partecipanti alla borse di studio dedicate all’on. Giuseppe Tatarella è arrivato finalmente il giorno della verità. Giovedì 10 aprile, alle ore 18.00, nei saloni di Villa Romanazzi Carducci, avrà luogo la cerimonia di premiazione.
La giuria, presieduta da Attilio Romita, premierà i cinque vincitori con una borsa del valore di 1200 euro. La serata sarà allietata da un intermezzo musicale a cura della compagnia “La Porta D’Oriente” di Cosimo Ventrella, mentre Floriana Uva leggerà alcuni passi dei componimenti vincenti. Numerose le autorità invitate in rappresentanza degli enti che hanno patrocinato l’iniziativa.

Per il ciclo Incontri d’Autore, importante appuntamento venerdì 11 aprile alle ore 18.00 con Vera Slepoj, psicologa e scrittrice, per la presentazione del suo volume “Le ferite degli uomini”, edito da Cairo editore. Con la Slepoj dialogheranno Francesco Bellino, Monia Magistro e Annalisa Tatarella.

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Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve – recensione di Franco Metta

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Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

                                  IL CENTENARIO CHE SALTO’ DALLA FINESTRA E SCOMPARVE.
di JONAS JONASSON

 

 

 

 

 

 

 

Boh, questi fenomeni letterari.
Li compri sti libri.
Li vorresti leggere con voglia di scoprire perche’ siano diventati fenomeni
letterari.
Almeno a guardare le classifiche di vendita e certe recensioni, che somigliano
tanto a delle ” marchette “.
Poi….
Scopri che si’, le prime cinquanta pagine sono gradevolissime.
Tutto il romanzo e’ scritto bene: scorrevole, con uno stile vivace e fluido, che prende.
Diverte anche.
Strappa dei sorrisi.
Ma, poi, delude. Stanca.
Il centenario che fugge, trova la maniera di raccontarci la Sua vita.
Ma il romanzo scade nel paradosso.
Sfrenato.
Senza limiti.
Sfilano personaggi della storia del Novecento.
In cui il centenario si imbatte.
In circostanze assurde.
E’ una sorta di umorismo psichedelico. Irreale.
Stufa.
Stanca.
Cominci a saltare, a sfogliare, invece di leggere.
Alla fine ti fanno male le mani, che reggono il tomo, pesantissimo.
Il cervello Ti vola via altrove, perche’ il racconto e’ cosi’ assurdo, che non
diverte piu’,non interessa, non intriga.
La stessa fuga e’ travolta dal paradosso.
Dico, per esempio, puo’ essere che tu fugga con al seguito un elefante,
trasportato in un camper smodato ?
Trainato da una…. autovettura…. che avra’ un motore marziano….
Puo’ essere che tu sia inseguito da banditi spietati, che finiscono ammazzati
nelle maniere piu’ incredibili.
Per dire, uno dei banditi muore, perche’ il pachiderma,in piena campagna svedese,
ci si siede sopra.
Ma va la’, alla Ghedini.

Franco Metta
Per la Fondazione Giuseppe Tatarella


La Fondazione Tatarella ricorda Mimmo Mennitti

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Bari, 07 aprile 2014

La Fondazione Tatarella ricorda Mimmo Mennitti

La Fondazione Giuseppe Tatarella partecipa all’unanime cordoglio per la scomparsa dell’on. Domenico Mennitti, ricordando il suo lungo impegno politico, culturale e giornalistico nell’area della destra italiana. Mennitti ha attraversato la lunga esperienza del Movimento sociale italiano, crescendo con Pinuccio Tatarella e Nicolino Buccico nell’area moderna e moderata, che faceva capo a Ernesto De Marzio. La sua vivacità politica e la sua curiosità culturale ne fecero un dirigente assai attento alla ricerca di sbocchi politici utili a trarre la destra dall’isolamento parlamentare e dalle secche del nostalgismo neofascista. Mennitti ha accompagnato il suo impegno politico con un’intensa attività giornalistica, fondando e dirigendo Proposta, quando stava nel MSI, e Ideazione, quando aderì a Forza Italia. Con la sua scomparsa la destra perde una fervida intelligenza, Brindisi un grande sindaco e la politica un buon esempio.

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Per la Fondazione Tatarella Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo, Raffaele Fitto e Fabiano Amati.

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Bari, 03 aprile 2014

Per la Fondazione Tatarella Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo, Raffaele Fitto e Fabiano Amati.

Luoghi meravigliosi, tesori di arte e cultura, ma anche risorse economiche e imprenditoriali dimenticati, sprecati, polverizzati. E la terra che potrebbe trainare lo sviluppo del paese è stata invece occupata dalla malavita e dalla malapolitica. Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, i nomi simbolo del giornalismo d’inchiesta in Italia, raccontano il disastro del Sud.

“Se muore il Sud” fotografa in modo realistico una situazione ormai insopportabile: senza fare sconti all’imprenditoria del Nord, i due autori inchiodano alle sue responsabilità una certa classe politica del Sud, ingorda e inconcludente, che sta traghettando il Mezzogiorno verso la rovina.

I due autori presenteranno il loro lavoro venerdì 4 aprile alle ore 18.00 presso l’Hotel Excelsior. Per sostenere o ribaltare la tesi dei due autori interverranno l’on. Raffaele Fitto e l’avv. Fabiano Amati.

Il dibattito sarà moderato dal giornalista Michele Cozzi.

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